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Visualizzazione dei post da novembre, 2014

Mathieu a Parigi

Voci dentro e fuoricampo. Immagini. "Capodanno,  Millenovecentonovantanove, che solo a dirlo mi spavento, si pensava che il mondo potesse esplodere e se proprio doveva essere, meglio lasciare i nostri resti in un posto bellissimo.   Io e Lilly, poco più che ventenni,  partiamo per Parigi, un viaggio nauseabondo di dieci ore, sedute  e imprigionate in un pullman, circondate da persone di cui non ricordo nemmeno un viso. Ma ci siamo ripassate le sopracciglia, abbiamo ascoltato musica, appena passato il confine abbiamo bevuto acqua Evian e abbiamo pensato che anche la noia sarebbe stata fantastica. Il nostro hotel  era situato nel quartiere La Villette , XIX Arrondissement (o forse era il XVIII?) e non era esattamente come l’avevamo immaginato. Tutto troppo grande, troppo moderno, troppo americano, troppo caldo, troppa moquette, troppo e basta. Ma non importa. Il metro era vicino. Dietro l’angolo, l’accesso al mondo. Qualche fermata ed eri a MontMartre, Notre Dame e

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Quello che di bello trovo oggi, sole a parte (che in questa zona il sole d'inverno è più bello del sole d'estate), è che ho acquisito la capacità di ignorare perfettamente dei pensieri. Ci sono delle cose che non voglio nella mia testa. Mi danno fastidio. Che io poi la smetto. Si, mi dispero, poi improvvisamente smetto. Come i bambini che piangono, piangono, con la candela al naso e poi una bella soffiata e tutto passa. Spesso non sono capricci, sono veri e propri dolori. Giganti. Solo che lasciano spazio a ragione e dignità. Hanno una durata limitata. I bimbi dimenticano, io ignoro. Guarda un po'. Sono una maniaca del controllo. Nel film di Abdellatif Kechiche (faccio fatica persino a scriverlo), Adele piange sempre e ha sempre questa benedetta candela al naso. Soffiati il naso suvvia -  le direi in continuazione. Ed ero molto più sconvolta da questo muco che le scivolava ovunque che dall'amore gay che le aveva invaso la vita. Sono stata sconvolta di essere sconvol

G

Non è più il tempo. Lo abbiamo perso, molto tempo fa. E' per questo che ammiro G., che con i suoi trentasei anni, ha aspettato e pazientato e compreso e forse pianto. Come si fa sempre quando si aspetta un amore. Noi donne siamo brave in questo, abbiamo un sesto senso tutto nostro. Se decidiamo che vale la pena, ci trasformiamo in Arianna che aspetta Teseo. La fine del filo, dell'attesa e della leggenda la lascio da parte, soprattutto perchè non so ancora quale sia la versione finale che preferisco. Comunque, G. è una donna che mi piace. Ha le palle. E' cocciuta. Ha saputo mettersi da parte ma mai troppo. Vive al mare. Sa quello che vuole. E vuole Lui. Certo che lo vuole. Lo ama, non c'è spiegazione. Certe cose riusciamo a farle solo se amiamo.  Come le accettiamo noi donne, le briciole, nessuno lo sa fare.  Le facciamo diventare biglie colorate, a volte. E' una cosa da diventarci matte. Essere consapevoli del vuoto, sentirne l'eco, accettarlo come

Gli occhi in giù

Voglio un corsetto, non respirare, stringata, in un vestito dell'Ottocento, in una sala da ballo, i candelabri come sfondo, la musica elegante. La vestizione come procedura e come attesa. Pensare solo al colore dell'abito per tutta la settimana, non aspettare altro. Le scarpe scomode. Le buone maniere. Nessuna risata sguaiata. Un invito a ballare. Le mani come unico contatto della pelle. Niente capelli corti. Forchette in testa, perline, mollette e graffi sulla cute. Finirò per riguardare Orgoglio e Pregiudizio mentre potrebbero scalpitare dentro di me pezzi di libro come parole che cadono addosso. "Si struggeva dal desiderio di sapere cosa si agitasse in quel momento nell'animo di lui, in che modo egli pensasse a lei e se, ad onta di tutto, gli fosse ancora cara"  oppure " soltanto il vero amore potrà condurmi al matrimonio, ragion per cui rimarrò zitella". E' sempre peggio. Questa ossessione per i libri e i film che ritengo essenziali mi logore