Voglio un corsetto, non respirare, stringata, in un vestito dell'Ottocento, in una sala da ballo, i candelabri come sfondo, la musica elegante. La vestizione come procedura e come attesa. Pensare solo al colore dell'abito per tutta la settimana, non aspettare altro. Le scarpe scomode. Le buone maniere. Nessuna risata sguaiata. Un invito a ballare. Le mani come unico contatto della pelle.
Niente capelli corti. Forchette in testa, perline, mollette e graffi sulla cute.
Finirò per riguardare Orgoglio e Pregiudizio mentre potrebbero scalpitare dentro di me pezzi di libro come parole che cadono addosso.
"Si struggeva dal desiderio di sapere cosa si agitasse in quel momento nell'animo di lui, in che modo egli pensasse a lei e se, ad onta di tutto, gli fosse ancora cara" oppure "soltanto il vero amore potrà condurmi al matrimonio, ragion per cui rimarrò zitella".
E' sempre peggio. Questa ossessione per i libri e i film che ritengo essenziali mi logorerà.
Ci sono cose che consumano dentro. A volte credo sia esattamente così per un milione di cose.
Mi consuma un libro.
I desideri.
Le attese.
Le persone, quelle perdute, quelle della pelle.
Mi consumano le parole che graffiano, quelle che lasciano le cicatrici, quelle che si appiccicano al cuore.
Mi consumano gli occhi, quelli in cui si vede il mare o niente.
E azzero, tutti i giorni. Ma le cose che consumano non se ne vanno mai. Non ripartono mai, sono sempre lì, non escono, portano tutto il peso della vita, dei desideri, del mondo che abbiamo dentro.
Cancello alcune cellule della memoria ma non tutte.
Occorrerebbe fare di un nuovo giorno un'inedita vita. Dimenticare le cose brutte e ripartire da quelle felici. Anche piccole.
Si dovrebbe andare all'aeroporto tutti i giorni.
Almeno una partenza.
Un aereo sulla testa.
I motori che rombano, i piedi che tremano.
Che i treni non mi fanno lo stesso effetto. Sono troppo lenti, troppo consapevoli. E le stazioni che si allontanano mi mettono nostalgia. Non sfumano mai.
Invece là in alto è tutto azzurro.
Diventa tutto piccolo in pochi secondi.
Colori sfumati e orecchie tappate.
E se guardo in giù non fa così paura.
Niente capelli corti. Forchette in testa, perline, mollette e graffi sulla cute.
Finirò per riguardare Orgoglio e Pregiudizio mentre potrebbero scalpitare dentro di me pezzi di libro come parole che cadono addosso.
"Si struggeva dal desiderio di sapere cosa si agitasse in quel momento nell'animo di lui, in che modo egli pensasse a lei e se, ad onta di tutto, gli fosse ancora cara" oppure "soltanto il vero amore potrà condurmi al matrimonio, ragion per cui rimarrò zitella".
E' sempre peggio. Questa ossessione per i libri e i film che ritengo essenziali mi logorerà.
Ci sono cose che consumano dentro. A volte credo sia esattamente così per un milione di cose.
Mi consuma un libro.
I desideri.
Le attese.
Le persone, quelle perdute, quelle della pelle.
Mi consumano le parole che graffiano, quelle che lasciano le cicatrici, quelle che si appiccicano al cuore.
Mi consumano gli occhi, quelli in cui si vede il mare o niente.
E azzero, tutti i giorni. Ma le cose che consumano non se ne vanno mai. Non ripartono mai, sono sempre lì, non escono, portano tutto il peso della vita, dei desideri, del mondo che abbiamo dentro.
Cancello alcune cellule della memoria ma non tutte.
Occorrerebbe fare di un nuovo giorno un'inedita vita. Dimenticare le cose brutte e ripartire da quelle felici. Anche piccole.
Si dovrebbe andare all'aeroporto tutti i giorni.
Almeno una partenza.
Un aereo sulla testa.
I motori che rombano, i piedi che tremano.
Che i treni non mi fanno lo stesso effetto. Sono troppo lenti, troppo consapevoli. E le stazioni che si allontanano mi mettono nostalgia. Non sfumano mai.
Invece là in alto è tutto azzurro.
Diventa tutto piccolo in pochi secondi.
Colori sfumati e orecchie tappate.
E se guardo in giù non fa così paura.
La hostess di pappa e ciccia?
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