La mattina piango. Appena mi sveglio. Appena mi lavo. Appena mi trucco. Con il the nella tazza, apro Facebook e leggo un post condiviso, a sua volta condiviso e poi condiviso di nuovo, di un padre che ha perso un figlio e lo ricorda con tutto l'amore che diventa immenso amore e via dicendo.
E' così che mi cola il mascara e la matita e anche un pezzo di cuore. E' così che torno in bagno e con il cesto dei panni colorati e sporchi vicino ai piedi, mi infilo la matita nell'occhio e il mascara sopra il mascara e di nuovo sopra il mascara.
Sono questa donna qui, una matita sbavata, i capelli verso il cielo, il mio bambino biondo che mi poggia la guancia sulla spalla e mi sbava la maglietta nera, le scarpe da tennis per fare le scale e le scarpe con il tacco per il lavoro. Sono questa donna qui che a volte si chiede quanto ci voglia per riempire una stanza, un campo di calcio, un cuore senza porte né infissi, in una giornata con il sole, il vento, l'erba e tutto il resto.
Ed è triste quanto a volte sia difficile credere, che tutto l'amore torni indietro prima o poi, e apra porte e apra egoismi e apra schemi, se ci si perde lo si fa come lo faceva Pollicino, un pezzo di pane nella mano e le paure nella testa. E' freddo, così freddo anche a maggio, i piedi nei calzini, le finestre chiuse, le mani senza smalto, le gambe sbiancate dall'inverno.
Una volta l'ho detto. Le mancanze non sono come le assenze, le prime si perdonano, alle seconde, in genere, non ci si abitua mai. Solo che ad un tratto ti passano avanti e ti accorgi che sono tali quando il pezzettino di te che non hai più trovato è giusto incollato a quell'immagine offuscata.
Una volta l'ho detto. Ci sono cose che non ti aspetteresti mai. Come piangere la mattina presto e pregare la sera tardi, guardare un bambino che dorme e provare pace, sorprendersi della fragilità di un uomo che ricomincia sempre ogni giorno.
La bellezza di quando aiuti qualcuno e non lo dimentica.
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