La Calabria sembra non finire più, ma quando finisce si vede il mare.
Lo diceva sempre mio padre quando partivamo per raggiungere l'altra parte dell'Italia, con l'Opel Kadett E blu elettrico, senza aria condizionata. Erano gli anni 80 di Cabrini il bello e Rossi il goleador. Si partiva di notte con i finestrini abbassati, l'aria che arrivava sui sedili posteriori come uno spiffero. Io e mio fratello con i piedi nudi appoggiati ai finestrini per sentire fresco, le teste contro, appoggiate al sedile, le vibrazioni del cambio marcia nelle orecchie.
Io odiavo l'odore dei camion, i gas di scarico che uscivano nella corsia di sorpasso con una nuvola nera, trattenevo il fiato per cinque secondi e ricominciavo a respirare.
Poi il mare arrivava veramente. Aprivo gli occhi assonnata e me lo trovavo davanti, luccicante, con le sfumature che passavano dal verde al blu in un solo attimo. E il profumo. La salsedine che faceva sparire persino il sudore delle magliette appiccicate ai sedile. La vita in uno sguardo.
Domani raggiungo di nuovo un'altra parte d'Italia ma con un aereo bianco, rosso e verde. Nella valigia avrò qualche libro, qualche vestito, qualche nostalgia, il barattolo piccolo per la sabbia da portare a casa, il sacchetto per proteggere le conchiglie.
- Che cos'hai?
- Mancanza.
Lo faceva dire Wim Wenders, in quel capolavoro che è stato Il cielo sopra Berlino, agli angeli desiderosi di carnalità, di tatto. Se fosse così sarebbe effimero. Se fosse così gli angeli vedrebbero il nostro modo di vivere in maniera così lacerante un desiderio, una volontà, un momento, un attimo, da rimanerne attoniti.
Vedrebbero anche che scappiamo al mare, scappiamo dalla città, dalle cose che ci rendono vulnerabili quanto un bimbo, quanto un capriccio. Apriamo le braccia alla salsedine, all'acqua fra le dita dei piedi e delle mani, alle onde che ci trascinano e ci infrangono.
Vedrebbero tutto questo e forse, per loro, diventerebbe sogno, ambizione.
Si, anche per me.
Io che desidero il mare tutto l'anno, anche d'inverno.
Io che porterei un sacco di cose con me.
Io che canto Lana Del Rey anche se sono stonata.
Io che alla fine rido sempre, strizzo gli occhi e le rughe.
Io che avrò un costume giallo e il naso bruciato.
Io che ti faccio il caffè ma non lo bevo.
Io con i castelli di sabbia e le biglie di plastica con la faccia di Pantani.
Io che anni fa, le biglie, le avevo di vetro.
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