Se Dio mi avesse dato la vocazione medica sarei stata un'anestesista.
Il dolore. Il nulla. Il risveglio.
E dire che anni e anni fa ebbe un un grande successo la Mandragola, mentre i sumeri stringevano con un laccio la parte da anestetizzare fino a perdere la sensibilità. I marinai che dovevano subire un intervento durante la navigazione usavano l'alcool insieme ad un sigaro nell'ano sperando che lo shock da nicotina rendesse anche insensibili al dolore. Poi, finalmente, arrivò Wells che a metà del diciannovesimo secolo, utilizzò il protossido di azoto per l'estrazione di un dente del giudizio.
Pensavo a tutto questo mentre il culo e il resto del mio corpo nudo erano schiacciati contro le lenzuola ruvide di una barella che correva da un piano ad un altro.
- Tieni dentro le mani, non farle sporgere perché ogni tanto dalle porte non si passa. Non vorrei ti venissero schiacciate.
Risposi con un cenno della testa.
Delle mie mani, in realtà, non mi importava niente.
- Se lascio una mano tra una porta e una barella, mi togliete la crepa nel cuore?
Non l'ho detto. L'ho pensato quando il freddo della sala operatoria mi ha dato assalto alla faccia.
Quando mi hanno infilato la cuffia in testa. Quando mi hanno chiesto se di pitturato avessi solo le unghie dei piedi.
- Quanti capelli che hai.
Un sorriso finalmente.
- Ti hanno spiegato tutto, vero?
Altro cenno del capo.
Non avevo paura. Solo freddo.
Il braccio con l'ago cannula era dritto e sporgente. La mascherina mi copriva le labbra, il naso, il mento.
Un bel respiro. L'attesa è finita così come è finito il freddo, i visi che ruotavano attorno, le mani che spostavano le gambe e il corpo quasi fossi un manichino.
Nel mezzo il niente, il sonno, l'assenza di suoni.
Al risveglio la tosse.
Mi ha grattato la gola.
Ho un buco dentro.
Nel petto.
Un vuoto come un'eco.
Una voce, mi arriva dal fianco.
- La vuoi una garza, per asciugarti gli occhi?
Ho fatto un cenno. Con il capo.
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