Sono una donna fisicamente a pezzi. Non corro più come una volta e non riesco a recuperare granché. Dieci chilometri a settimana non bastano a far di me una persona in forma fisica smagliante. Dovrei permettermi almeno 20 km a settimana, divisi in 4 sedute, più la partita di basket del lunedì (che è peggio dei 20 km), per ritrovare quel fiato che non ho più.
Perché il discorso è che ho dolori ovunque, gambe, schiena, braccia; il mio sensore Nike non rileva nient'altro che la mia velocità, peraltro abbastanza discutibile.
Insomma, sono quella che i veri atleti potrebbero chiamare cesso.
Senza alcuna consolazione.
Ieri sera, presa dalla pazzia di tenermi allenata, mi sono spinta ad una velocità superiore, ho percorso i primi 3 km, facendomi comunque superare da M. che ha avuto persino il coraggio di imbastire un discorso (le mie risposte, ovviamente, telegrafiche), per poi crollare miseramente senza nemmeno raggiungere l'obiettivo prefissato.
Avrei pianto dallo sconforto, poi mi è venuta in mente una frase di Nadia Comaneci (atleta che ho idolatrato per un certo periodo della mia vita), diceva così: "Il duro lavoro ha fatto sì che fosse facile. Questo è il mio segreto. Questo il motivo per cui ho vinto."
La verità è che il lavoro fisico a questa età non è proprio semplice. E se sento che il cuore mi scoppia, le gambe rallentano, i piedi incespicano, forse è solo normale.
Occorre scappare ai ripari, fare un bel respiro, salutare l'atleta che ero e accogliere a braccia aperte l'atleta che sono e sarò.
Acciacchi compresi.
E crampi.
E.
Perché il discorso è che ho dolori ovunque, gambe, schiena, braccia; il mio sensore Nike non rileva nient'altro che la mia velocità, peraltro abbastanza discutibile.
Insomma, sono quella che i veri atleti potrebbero chiamare cesso.
Senza alcuna consolazione.
Ieri sera, presa dalla pazzia di tenermi allenata, mi sono spinta ad una velocità superiore, ho percorso i primi 3 km, facendomi comunque superare da M. che ha avuto persino il coraggio di imbastire un discorso (le mie risposte, ovviamente, telegrafiche), per poi crollare miseramente senza nemmeno raggiungere l'obiettivo prefissato.
Avrei pianto dallo sconforto, poi mi è venuta in mente una frase di Nadia Comaneci (atleta che ho idolatrato per un certo periodo della mia vita), diceva così: "Il duro lavoro ha fatto sì che fosse facile. Questo è il mio segreto. Questo il motivo per cui ho vinto."
La verità è che il lavoro fisico a questa età non è proprio semplice. E se sento che il cuore mi scoppia, le gambe rallentano, i piedi incespicano, forse è solo normale.
Occorre scappare ai ripari, fare un bel respiro, salutare l'atleta che ero e accogliere a braccia aperte l'atleta che sono e sarò.
Acciacchi compresi.
E crampi.
E.
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