Stasera c'erano qui Fabry e Francy a mangiare la mia pizza e anche se non è tonda la mangiamo sempre in quei piatti giganti che più o meno tutti possiedono. I miei sono sei e raffigurano sei belle città del mondo: Parigi, Londra, New York, Il Cairo, Honolulu e Roma. Quando li dispongo sulla tavola lo faccio casualmente ma non mi faccio mai capitare Il Cairo, forse perché è l'ultima città che vorrei vedere, di solito capita sempre a L., in maniera spontanea. Comunque, succede che finita la cena, metto i piatti in lavastoviglie e mi scivola dalle mani verticalmente un piatto, si scheggia. Non si rompe ma piccoli pezzettini si staccano. Penso: speriamo che non sia Parigi e nemmeno Londra e nemmeno New York e nemmeno Roma, speriamo, speriamo. E' Honolulu. Sono quasi felice. E' un segno. A Honolulu non ci andrò mai. Chissenefrega. Una cosa molto stupida, che mi si addice.
E poi penso anche che sto per partire. Uno di quei viaggi normali. Che il vero viaggio si fa se si va in aeroporto. Io adoro l'aeroporto. Tutte quelle valige colorate. C'è chi lo fa sempre. C'è chi va in America tutte le estati, chi va in Cina un mese, c'è chi va in Brasile e ha il coraggio di restare, con tutti quei sogni che Dio solo sa come si fa a farli entrare tutti in valigia.
Mannaggia a me. Io vado nelle Marche e sono felice comunque. Parto con tutta quella leggerezza e la macchina carica di vestiti che non userò mai. Dannata. Che poi il mercoledì andrò al mercato e troverò sicuramente qualche cosa da comprare e la macchina sarà sempre più carica. E L. sbufferà. E io riderò. Come se non bastasse.
E' così.
Ho sempre quella sensazione quando parto, come se dovessi fare un viaggio indimenticabile, e in un certo senso lo sarà, perché non ne ho mai dimenticato uno, e ho sempre almeno una decina di particolari che mi fanno sorridere. Non dimentico nemmeno le persone con cui viaggio, le persone che incontro, la sabbia che calpesto, il freddo che subisco, i locali rumorosi o il silenzio dei prati.
Sono felice di partire. Domani. Che questa pianura mi annoia. E il mare mi mancherà tutto l'anno.
Mannaggia a me. Dannatamente stupida.
E poi penso anche che sto per partire. Uno di quei viaggi normali. Che il vero viaggio si fa se si va in aeroporto. Io adoro l'aeroporto. Tutte quelle valige colorate. C'è chi lo fa sempre. C'è chi va in America tutte le estati, chi va in Cina un mese, c'è chi va in Brasile e ha il coraggio di restare, con tutti quei sogni che Dio solo sa come si fa a farli entrare tutti in valigia.
Mannaggia a me. Io vado nelle Marche e sono felice comunque. Parto con tutta quella leggerezza e la macchina carica di vestiti che non userò mai. Dannata. Che poi il mercoledì andrò al mercato e troverò sicuramente qualche cosa da comprare e la macchina sarà sempre più carica. E L. sbufferà. E io riderò. Come se non bastasse.
E' così.
Ho sempre quella sensazione quando parto, come se dovessi fare un viaggio indimenticabile, e in un certo senso lo sarà, perché non ne ho mai dimenticato uno, e ho sempre almeno una decina di particolari che mi fanno sorridere. Non dimentico nemmeno le persone con cui viaggio, le persone che incontro, la sabbia che calpesto, il freddo che subisco, i locali rumorosi o il silenzio dei prati.
Sono felice di partire. Domani. Che questa pianura mi annoia. E il mare mi mancherà tutto l'anno.
Mannaggia a me. Dannatamente stupida.
Berny, dal conero ti si vede.. Hai portato anche il vestito tipico per la gara del saltarello marchigiano.. La gara che farai alla sagra del ciauscolo di Marotta
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