Sembrava avessi la febbre, invece no. Avevo tutte queste ossa rotte e pressione nei piedi, come indossassi scarpe scomode anche a letto. Alle 21.20 ero già sotto le coperte. Non succedeva dal 1982.
R. è preoccupato, mi porta un biscotto e lo appoggia sul comodino nel caso mi venisse fame.
I pensieri si affollano e si pigiano l'uno sull'altro, senza ritegno, senza regole e siccome nessuno mi porterà una tazza di latte caldo, allungo una mano per afferrare il telecomando, accendere la televisione, appesa come fosse crocifissa, vedere se da qualche parte c'è qualcosa per cui valga la pena ascoltare.
E non c'è niente. E a volte non ce la faccio nemmeno più ad ascoltare la vita degli altri, penso che servirebbe una buona dose di mediocre umiltà, servirebbe essere predisposti a scendere di un gradino, guardarsi dentro un po' meglio, che a buttare tutto nel cesso ci si mette un attimo. Eppure il desiderio è accecante.
Come a dire che tutta questa vita addosso, quasi da fastidio.
E' un'immagine sbiadita. Un cane che si scrolla l'acqua di dosso, un bambino che corre urlando fuori dall'asilo, l'ultimo sorso di una bevanda fresca in piena estate rovesciato impudentemente.
Tutto questo spreco, tutto questo egoismo. E' una cosa che non sopporto, chi sputa contro alla vita, intendo.
Che le cose su misura sono tanto eccellenti quanto stonate.
Io una cosa perfetta addosso, non l'ho mai avuta.
Per questo, con la testa che mi scoppia, credo di essere appagata, perché una piccola mano mi tocca la fronte, un biscotto ripieno di crema al limone aspetta di essere mangiato, se mi copro con coperte morbide non sento più freddo.
E non ho più paura di sentirmi vulnerabile.
Se latito è solo perché mi sto godendo la vita, anche quella che ancora non ho.
R. è preoccupato, mi porta un biscotto e lo appoggia sul comodino nel caso mi venisse fame.
I pensieri si affollano e si pigiano l'uno sull'altro, senza ritegno, senza regole e siccome nessuno mi porterà una tazza di latte caldo, allungo una mano per afferrare il telecomando, accendere la televisione, appesa come fosse crocifissa, vedere se da qualche parte c'è qualcosa per cui valga la pena ascoltare.
E non c'è niente. E a volte non ce la faccio nemmeno più ad ascoltare la vita degli altri, penso che servirebbe una buona dose di mediocre umiltà, servirebbe essere predisposti a scendere di un gradino, guardarsi dentro un po' meglio, che a buttare tutto nel cesso ci si mette un attimo. Eppure il desiderio è accecante.
Come a dire che tutta questa vita addosso, quasi da fastidio.
E' un'immagine sbiadita. Un cane che si scrolla l'acqua di dosso, un bambino che corre urlando fuori dall'asilo, l'ultimo sorso di una bevanda fresca in piena estate rovesciato impudentemente.
Tutto questo spreco, tutto questo egoismo. E' una cosa che non sopporto, chi sputa contro alla vita, intendo.
Che le cose su misura sono tanto eccellenti quanto stonate.
Io una cosa perfetta addosso, non l'ho mai avuta.
Per questo, con la testa che mi scoppia, credo di essere appagata, perché una piccola mano mi tocca la fronte, un biscotto ripieno di crema al limone aspetta di essere mangiato, se mi copro con coperte morbide non sento più freddo.
E non ho più paura di sentirmi vulnerabile.
Se latito è solo perché mi sto godendo la vita, anche quella che ancora non ho.
...ammettilo, avresti preferito un biscotto ripieno alla nduja.....
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