Passo dei periodi così. Non voglio niente. Voglio solo tornare a casa. Voglio cucinare torte, disegnare Jigen Daisuke, scrivere, sentire lamentele. Ma a casa. Quella che se fai la frittata lo sa anche il vicino della zia. La casa che odio, la casa che amo. Quella con la finestra piccola, la tenda piccola, da cui sbircio il mondo di sempre.
E' che ogni tanto dico a L che voglio andarmene (e lui ragionevolmente si arrabbia), che voglio scappare, che voglio altre mura perchè mi sento soffocare. Ed è vero che mi manca l'aria. Mi manca quasi l'ingresso ai polmoni, come se l'azoto, l'ossigeno e tutto il resto, avessero un accesso per le labbra ma si fermassero più in giù della gola. La sensazione è quella del riso mangiato troppo in fretta. Chicchi che in gola si attaccano ad altri chicchi e non vanno giù. Macignamente. Calamitamente.
Forse è la volta che soffoco, forse è la volta che vomito.
E' per questo che ad un certo punto mi fermo e butto giù acqua.
Stappo e respiro di nuovo. Con tutta quella consapevolezza di quando lo sai ma non riesci a dirlo.
E la vita degli altri non la vuoi più perchè ad un tratto ti accorgi che la tua non la vuole nessuno, nemmeno a piccole dosi.
Non è interessante. Non è condivisibile.
E' come uno strappo, da ricucire.
Inizio a correre. Persino all'alba.
Poi succede che non ti riacciuffano più.
I miei brandelli sono così veloci e silenziosi che dietro, non c'è più nessuno.
Mi chiedo come ho fatto, a ricordare tanto, a esserci tanto, a lasciare per ogni momento di me una traccia.
Attenzione, interesse, altruismo. Si chiamano così, le cose che ogni tanto ti devi sentire addosso.
E' che ogni tanto dico a L che voglio andarmene (e lui ragionevolmente si arrabbia), che voglio scappare, che voglio altre mura perchè mi sento soffocare. Ed è vero che mi manca l'aria. Mi manca quasi l'ingresso ai polmoni, come se l'azoto, l'ossigeno e tutto il resto, avessero un accesso per le labbra ma si fermassero più in giù della gola. La sensazione è quella del riso mangiato troppo in fretta. Chicchi che in gola si attaccano ad altri chicchi e non vanno giù. Macignamente. Calamitamente.
Forse è la volta che soffoco, forse è la volta che vomito.
E' per questo che ad un certo punto mi fermo e butto giù acqua.
Stappo e respiro di nuovo. Con tutta quella consapevolezza di quando lo sai ma non riesci a dirlo.
E la vita degli altri non la vuoi più perchè ad un tratto ti accorgi che la tua non la vuole nessuno, nemmeno a piccole dosi.
Non è interessante. Non è condivisibile.
E' come uno strappo, da ricucire.
Inizio a correre. Persino all'alba.
Poi succede che non ti riacciuffano più.
I miei brandelli sono così veloci e silenziosi che dietro, non c'è più nessuno.
Mi chiedo come ho fatto, a ricordare tanto, a esserci tanto, a lasciare per ogni momento di me una traccia.
Attenzione, interesse, altruismo. Si chiamano così, le cose che ogni tanto ti devi sentire addosso.
..... Vedi che te e il fritto siete una cosa sola?.....
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